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Dino Campana (Marradi, 20 agosto 1885 - Scandicci, 10 marzo 1932), fatto salvo un manipolo di prose e versi apparsi in numeri unici della goliardia bolognese, nell’estate del 1914, presso un tipografo del suo paese, stampa i Canti Orfici, la sola «giustificazione della sua vita» (come scrive all’amico Emilio Cecchi): un libro (perlomeno secondo un altro amico: Camillo Sbarbaro) «che si portava addosso come un certificato di nascita». Seguiranno pochi altri scritti sparsi pubblicati in riviste importanti, tra le quali la «Voce», la «Tempra» e la «Riviera ligure». Amico di pittori (tra i quali Giovanni Costetti, che lo aveva ritratto nel 1913) e di scrittori («quelli della Riviera», in primis: Mario Novaro, Giovanni Boine), dopo una vita di vagabondaggi, coerentemente dedicata alla poesia, e un solo grande amore: per la scrittrice Sibilla Aleramo (che in seguito lo avrebbe ribattezzato l’«Orfeo folle»), all’inizio del 1918 viene ricoverato nel cronicario di Castel Pulci, dove muore, lontano da tutto e da tutti, dopo quattordici anni di manicomio.

 

Opere :

"Canti Orfici"