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Recensione di Carlo Giorgetti su libro di Paola Decanis “L’uomo che piantava gli ulivi”

 

Una vera e propria testimonianza d’amore ci consegna Paola Decanis con il suo ultimo valido cimento letterario. Amore per il suo paese di origine (Apricale, nell’estremo lembo di ponente della Liguria), per la propria famiglia (dal marito Antonello risale agli avi Balbo/Pisano), per il duro lavoro contadino (legato alle tradizioni e a consuetudini di fatica e umiltà). “L’uomo che piantava gli ulivi” (Antea Edizioni, 2016) è un affresco intergenerazionale che ripercorre eventi che hanno segnato la storia locale (il terribile terremoto del 1887) e nazionale (il fascismo e le due guerre mondiali) attraverso la nobilissima quanto umile figura di Ernesto “Nesto” Pisano, dalla sua difficile infanzia fino al suo struggente commiato, all’insegna del faticoso ma sempre per lui motivante lavoro dei campi.

Romanzo che si fa corale, di un popolo che si stringe al vero protagonista del tempo e del luogo: l’ulivo. È, infatti, la pianta sacra ad Atena a vegliare sulla comunità, a sostentarla, a emozionarla, ad accompagnarla financo a connotarla in inscindibile identità. L’autrice ci fa riflettere e commuovere al tempo stesso, con il suo amore riverberato in ogni passo del testo, in ogni accadimento della storia tragico o gioioso che sia, sempre e comunque estremamente “umano”.

E la famiglia sta al centro di tutto ciò, elemento generatore della comunità, in cui si coniugano ancestrali tradizioni e novità accolte dal mondo del progresso. Non è facile abbracciare un secolo di vita e declinarlo da un luogo apparentemente marginale, ma Decanis riesce con grande padronanza a renderlo patrimonio, non solo emozionale, di chiunque si accinga a leggere il suo racconto.

Forte di un’ottima erudizione e precisa documentazione sugli eventi (che siano riferimenti religiosi o puntuali accenni a leggi o disposizioni governative, o alla circostanziata descrizione di fatti bellici) la scrittrice miscela impeccabilmente microstoria e macrostoria, riuscendo a mantenere sorprendentemente costante la tensione narrativa. “L’uomo che piantava gli ulivi” non può mancare in una ideale biblioteca del pensiero dove passato e presente si fondono in una atavica riflessione su “cosa siamo” e “da dove veniamo”.

Carlo Giorgetti (mediatore letterario)